" Vedo ancora che dall'amore divino si dipartono verso l'anima raggi e lampi così colmi di fuoco, pe­netranti e forti, che, se fosse possibile, annullereb­bero addirittura l'anima, non solo il corpo." - santa Caterina Fieschi


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Ve 18 Apr : Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 18,1-40.19,1-42.
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In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cèdron, dove c'era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli. Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi. Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno».

Disse loro Gesù: «Sono io!».

Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?».

Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto che sono io.

Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano». Perché s'adempisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro.

Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?». Allora il distaccamento con il comandante e le guardie dei Giudei afferrarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli era infatti suocero di Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno. Caifa poi era quello che aveva consigliato ai Giudei: «E' meglio che un uomo solo muoia per il popolo». Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme con un altro discepolo.

Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote e perciò entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote; Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta.

Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare anche Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Forse anche tu sei dei discepoli di quest'uomo?».

Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava. Allora il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Aveva appena detto questo, che una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò legato a Caifa, sommo sacerdote. Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi.

Gli dissero: «Non sei anche tu dei suoi discepoli?».

Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò. Allora condussero Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio.

Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Uscì dunque Pilato verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest'uomo?». Gli risposero: «Se non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge!».

Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire. Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Tu sei il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?». Pilato rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?».

Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re.

Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità.

Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?».

E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui nessuna colpa. Vi è tra voi l'usanza che io vi liberi uno per la Pasqua: volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!».

Barabba era un brigante. Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: «Salve, re dei Giudei!».

E gli davano schiaffi. Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora.

E Pilato disse loro: «Ecco l'uomo!». Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo, crocifiggilo!».

Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio». All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: «Di dove sei?».

Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Rispose Gesù: «Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto.

Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande». Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Preparazione della Pasqua, verso mezzogiorno.

Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via, via, crocifiggilo!».

Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?».

Risposero i sommi sacerdoti: «Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù nel mezzo. Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei». Rispose Pilato: «Ciò che ho scritto, ho scritto». I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica.

Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca.

Così si adempiva la Scrittura: Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte.

E i soldati fecero proprio così. Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!».

E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno d'aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. E dopo aver ricevuto l'aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!».

E, chinato il capo, spirò. Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro che era stato crocifisso insieme con lui. Venuti però da Gesù e vedendo che era gia morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto. Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù.

Pilato lo concesse.

Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.

Santa Messa del Crisma (17 Apr 2025)
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Carissimi Vescovi e sacerdoti,
cari fratelli e sorelle!

«L’Alfa e l’Omega, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente» (Ap 1,8) è Gesù.

Proprio il Gesù che Luca ci descrive nella sinagoga di Nazaret, tra coloro che lo conoscono fin da bambino e ora si stupiscono di Lui.

La rivelazione – “apocalisse” – si offre nei limiti del tempo e dello spazio: ha la carne come cardine che sostiene la speranza.

La carne di Gesù e la nostra.

L’ultimo libro della Bibbia racconta questa speranza.

Lo fa in modo originale, sciogliendo tutte le paure apocalittiche al sole dell’amore crocifisso.

In Gesù si apre il libro della storia e lo si può leggere.

Anche noi sacerdoti abbiamo una storia: rinnovando il Giovedì Santo le promesse dell’Ordinazione, confessiamo di poterla leggere soltanto in Gesù di Nazaret.

«Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue» (Ap 1,5) apre anche il rotolo della nostra vita e ci insegna a trovare i passi che ne rivelano il senso e la missione.

Quando lasciamo che sia Lui a istruirci, il nostro diventa un ministero di speranza, perché in ognuna delle nostre storie Dio apre un giubileo, cioè un tempo e un’oasi di grazia.

Chiediamoci: sto imparando a leggere la mia vita? Oppure ho paura a farlo?

È un popolo intero a trovare ristoro, quando il giubileo inizia nella nostra vita: non una volta ogni venticinque anni – speriamo! – ma in quella prossimità quotidiana del prete alla sua gente in cui le profezie di giustizia e di pace si adempiono.

«Ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre» (Ap 1,6): ecco il popolo di Dio.

Questo regno di sacerdoti non coincide con un clero.

Il «noi» che Gesù plasma è un popolo di cui non vediamo i confini, in cui cadono i muri e le dogane.

Colui che dice: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5) ha squarciato il velo del tempio e ha in serbo per l’umanità una città- giardino, la nuova Gerusalemme che ha porte sempre aperte (Ap 21,25).

Così, Gesù legge e ci insegna a leggere il sacerdozio ministeriale come puro servizio al popolo sacerdotale, che abiterà presto una città che non ha bisogno di tempio.

L’anno giubilare rappresenta così, per noi sacerdoti, una specifica chiamata a ricominciare nel segno della conversione.

Pellegrini di speranza, per uscire dal clericalismo e diventare annunciatori di speranza.

Certo, se Alfa e Omega della nostra vita è Gesù, anche noi potremo incontrare il dissenso da Lui sperimentato a Nazaret.

Il pastore che ama il suo popolo non vive alla ricerca di consenso e approvazione a ogni costo.

Eppure, la fedeltà dell’amore converte, lo riconoscono per primi i poveri, ma lentamente inquieta e attrae anche gli altri.

«Ecco, […] ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto.

Sì, Amen!» (Ap 1,7).

Siamo qui radunati, carissimi, a fare nostro e ripetere questo «Sì, Amen!».

È la confessione di fede del popolo di Dio: «Sì, è così, tiene come una roccia!».

Passione, morte e risurrezione di Gesù, che ci apprestiamo a rivivere, sono il terreno che sostiene saldamente la Chiesa e, in essa, il nostro ministero sacerdotale.

E che terreno è questo? In che humus noi possiamo non soltanto reggere, ma fiorire? Per comprenderlo bisogna ritornare a Nazaret, come intuì tanto acutamente San Charles de Foucauld.

«Venne a Nazaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere» (Lc 4,16).

Abbiamo qui evocate almeno due abitudini: quella a frequentare la sinagoga e quella a leggere.

La nostra vita è sostenuta da buone abitudini.

Esse possono inaridirsi, ma rivelano dov’è il nostro cuore.

Quello di Gesù è un cuore innamorato della Parola di Dio: a dodici anni lo si capiva già e ora, divenuto adulto, le Scritture sono casa sua.

Ecco il terreno, l’humus vitale che troviamo diventando suoi discepoli.

«Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo» (Lc 4,17).

Gesù sa che cosa cerca.

Il rituale della sinagoga lo consentiva: dopo la lettura della Torah ogni rabbi poteva trovare pagine profetiche per attualizzarne il messaggio.

Ma qui c’è di più: c’è la pagina della sua vita.

Luca intende questo: tra molte profezie, Gesù sceglie quale adempiere.

Cari sacerdoti, ognuno di noi ha una Parola da adempiere.

Ognuno di noi ha un rapporto con la Parola di Dio che viene da lontano.

Lo mettiamo a servizio di tutti solo quando la Bibbia rimane la nostra prima casa.

Al suo interno, ciascuno di noi ha delle pagine più care.

Questo è bello e importante! Aiutiamo anche altri a trovare le pagine della loro vita: forse gli sposi, quando scelgono le Letture del loro matrimonio; o chi è nel lutto e cerca dei brani per affidare alla misericordia di Dio e alla preghiera della comunità la persona defunta.

C’è una pagina della vocazione, in genere, all’inizio del cammino di ciascuno di noi.

Per suo tramite, Dio ci chiama ancora, se la custodiamo, perché non si intiepidisca l’amore.

Tuttavia, per ognuno di noi è importante anche, e in modo speciale, la pagina scelta da Gesù.

Noi seguiamo Lui e per ciò stesso ci riguarda e ci coinvolge la sua missione.

«Aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l'anno di grazia del Signore.
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette» (Lc 4,17-20).

Tutti i nostri occhi ora sono fissi su di Lui.

Ha appena annunciato un giubileo.

Lo ha fatto non come chi parla d’altri.

Ha detto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me» come uno che sa di quale Spirito sta parlando.

E in effetti aggiunge: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Questo è divino: che la Parola divenga realtà.

I fatti ora parlano, le parole si realizzano.

Questo è nuovo, è forte.

«Ecco, io faccio nuove tutte le cose».

Non c’è grazia, non c’è Messia, se le promesse restano promesse, se quaggiù non diventano realtà.

Tutto si trasforma.

È questo lo Spirito che invochiamo sul nostro sacerdozio: ne siamo stati investiti e proprio lo Spirito di Gesù rimane silenzioso protagonista del nostro servizio.

Il popolo ne avverte il soffio quando in noi le parole diventano realtà.

I poveri, prima degli altri, e i bambini, gli adolescenti, le donne e anche coloro che nel rapporto con la Chiesa sono stati feriti, hanno il “fiuto” dello Spirito Santo: lo distinguono da altri spiriti mondani, lo riconoscono nella coincidenza in noi tra l’annuncio e la vita.

Noi possiamo diventare una profezia adempiuta, e questo è bello! Il sacro Crisma, che oggi consacriamo, sigilla questo mistero trasformativo nelle diverse tappe della vita cristiana.

E attenzione: mai scoraggiarsi, perché è un’opera di Dio.

Credere, sì! Credere che Dio non fallisce con me! Dio non fallisce mai.

Ricordiamo quella parola nell’Ordinazione: «Dio porti a compimento l’opera che in te ha iniziato».

E lo fa.

È l’opera di Dio, non la nostra: portare ai poveri un lieto messaggio, ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, la libertà agli oppressi.

Se Gesù nel rotolo ha trovato questo passo, oggi lo continua a leggere nella biografia di ognuno di noi.

Primariamente perché, fino all’ultimo giorno, è sempre Lui a evangelizzarci, a liberarci dalle prigioni, ad aprirci gli occhi, a sollevare i pesi caricati sulle nostre spalle.

E poi perché, chiamandoci alla sua missione e inserendoci sacramentalmente nella sua vita, Egli libera anche altri attraverso di noi.

In genere, senza che ce ne accorgiamo.

Il nostro sacerdozio diventa un ministero giubilare, come il suo, senza suonare il corno né la tromba: in una dedizione non gridata, ma radicale e gratuita.

È il Regno di Dio, quello che narrano le parabole, efficace e discreto come il lievito, silenzioso come il seme.

Quante volte i piccoli l’hanno riconosciuto in noi? E siamo capaci di dire grazie?

Dio solo sa quanto la messe sia abbondante.

Noi operai viviamo la fatica e la gioia della mietitura.

Viviamo dopo Cristo, nel tempo messianico.

Bando alla disperazione! Restituzione, invece, e remissione dei debiti; ridistribuzione di responsabilità e di risorse: il popolo di Dio si attende questo.

Vuole partecipare e, in forza del Battesimo, è un grande popolo sacerdotale.

Gli oli che in questa solenne celebrazione consacriamo sono per la sua consolazione e la gioia messianica.

Il campo è il mondo.

La nostra casa comune, tanto ferita, e la fraternità umana, così negata, ma incancellabile, ci chiamano a scelte di campo.

Il raccolto di Dio è per tutti: un campo vivo, in cui cresce cento volte più di quello che si è seminato.

Ci animi, nella missione, la gioia del Regno, che ripaga ogni fatica.

Ogni contadino, infatti, conosce stagioni in cui non si vede nascere nulla.

Non ne mancano anche nella nostra vita.

È Dio che fa crescere e che unge i suoi servi con olio di letizia.

Cari fedeli, popolo della speranza, pregate oggi per la gioia dei sacerdoti.

Venga a voi la liberazione promessa dalle Scritture e alimentata dai Sacramenti.

Molte paure ci abitano e tremende ingiustizie ci circondano, ma un mondo nuovo è già sorto.

Dio ha tanto amato il mondo da dare a noi il suo Figlio, Gesù.

Egli unge le nostre ferite e asciuga le nostre lacrime.

«Ecco, viene con le nubi» (Ap 1,7).

Suo è il Regno e la gloria nei secoli.

Amen.

da Maria a Medjugorje
Messaggio del 25 Marzo 2025 Marija. Cari figli! In questo tempo di grazia, in cui siete chiamati alla conversione, vi esorto, figlioli, offritemi le vostre preghiere, sofferenze e lacrime per la conversione dei cuori che sono lontani dal cuore di mio Figlio Gesù.
Pregate con me, figlioli, perché senza Dio non avete né futuro né vita eterna.
Vi amo, ma non posso aiutarvi senza di voi.
Perciò dite Sì a Dio.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Messaggio del 25 gennaio 2019 Cari figli! Oggi, come madre vi invito alla conversione. Questo tempo è per voi, figlioli, il tempo del silenzio e della preghiera. Perciò, nel calore del vostro cuore cresca il chicco della speranza e della fede e voi, figlioli, di giorno in giorno sentirete il bisogno di pregare di più. La vostra vita diventerà ordinata e responsabile. Comprenderete, figlioli, di essere di passaggio qui sulla terra e sentirete il bisogno di essere più vicini a Dio e con l’amore darete testimonianza della vostra esperienza dell’incontro con Dio, che condividerete con gli altri. Io sono con voi e prego per voi ma non posso senza il vostro Si. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

I messaggi da Medjugorje

Messaggio del 25 Marzo 2025 Marija. Cari figli! In questo tempo di grazia, in cui siete chiamati alla conversione, vi esorto, figlioli, offritemi le vostre preghiere, sofferenze e lacrime per la conversione dei cuori che sono lontani dal cuore di mio Figlio Gesù.
Pregate con me, figlioli, perché senza Dio non avete né futuro né vita eterna.
Vi amo, ma non posso aiutarvi senza di voi.
Perciò dite Sì a Dio.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.







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12.05.2025 - Aggiunta la preghiera dei 12 scalini - Le Tre Fontane; altri aggiornamenti tecnici

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